lunedì 21 febbraio 2011

L' Italia non può essere condannata per " l'amicizia " con la Libia.


La Libia è in fiamme, il governo retto dal colonnello Muammar Gheddafi ha deciso di usare il pugno di ferro contro la popolazione autorizzando anche raid aerei sulla folla inerme che protesta chiedendo la fine di questa dittatura militare che dura ormai da 41 anni. Un vero e proprio bagno di sangue si sta consumando sulle rive opposte del Mediterraneo senza che nessuno possa farci niente.

In casa nostra i benpensanti gridano allo scandalo per un governo “amico” del Colonnello che in queste ore non è capace di una minima reazione a favore del popolo libico. Come se fosse facile o che potesse bastare la parola di un Berlusconi per porre fine a simili violenze. Se davvero cosi fosse, definirlo “l’unto dal Signore” sarebbe il minimo, potrebbe addirittura aspirare ad essere considerato “Il Signore” stesso.

Non rendersi conto che certe decisioni,  prese in preda a deliri di onnipotenza nello stretto rapporto con i gerarchi che lo sorreggono, non possono essere minimamente influenzabili da nessuna “amicizia” esterna è solo pura propaganda. Il gruppo dirigente libico sta lottando per la propria sopravvivenza, politica e soprattutto fisica, portando lo scontro alle estreme conseguenze.
Purtroppo nessuno può farci niente, un qualsiasi intervento esterno, anche militare, sarebbe intempestivo e rischierebbe di moltiplicare le vittime all’infinito.

La vera speranza è che non ci sia nessuno stato disposto a garantire un pensionamento dorato a questi uomini che si stanno dimostrando essere spietati e cinici criminali.
Noi non li abbiamo conosciuti così, e come noi credo nessun altro paese che fa affari con loro.

Condannare l’Italia per la sua recente amicizia stipulata con la Libia di Gheddafi è uno sporco gioco che fa solo gli interessi di alcuni stati che non vedono l’ora di strappare commesse e lavoro che gli italiani si sono accaparrati in quel paese dopo anni di diffidenze, umiliazioni ed incomprensioni per il nostro passato coloniale, oppure gli interessi di quella parte politica nostrana che tenta in tutti i modi di sbarazzarsi di un capo di governo che è diventato imbarazzante mostrare all’estero.

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